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Durante la sadhana (ascesi spirituale) l'aspirante può ritenere che il cammino sia programmabile secondo regole desunte da discorsi generici del proprio Maestro. Avviene che l'io si identifichi con una o più regole che struttura poi come Regola credendo di uniformarsi ad essa. Gli istruttori impartiscono agli aspiranti solo gli insegnamenti che hanno già esperimentato e non solo compreso intellettivamente. L'istruttore (non necessariamente un Realizzato), può essere chiunque abbia già risolto la problematica che si presenta all'adepto. La difficoltà implicita della Via realizzativa è nell'inapplicabilità delle regole teoriche perché, essendo esse di carattere generale, vengono apprese intellettivamente e non vissute e risolte interiormente.

Mentre l'uomo è assimilabile a dei modelli generali, e ad essi fanno riferimento i Maestri nei discorsi pubblici, ogni individuo è dotato di caratteristiche precipue di cui occorre tener conto. L'applicazione della Regola prescinde dallo stato interiore dell'individuo conducendo un neofita all'osservazione di discipline anche inadatte.

Normalmente, l'istruttore illustra all'adepto la sadhana adatta ai suoi bisogni, evitando di spingerlo su cammini per i quali ancora non è pronto. A un aspirante che viva la repressione degli istinti verrà insegnata un'adeguata metodica di liberazione. Una natura tesa all'estrinsecazione senza alcun freno, verrà condotta verso l'autocontrollo. Compito dell'istruttore sarà, altresì, evitare che delle normali metodiche di supporto e sviluppo divengano delle Regole irrinunciabili: i sensi di colpa nascenti dall'aver mancato alla disciplina possono essere più dannosi della stessa mancanza. Se nell'io del neofita la mancanza divenisse un peccato, il senso di colpa conseguente, se non gestito, diverrà un elemento di squilibrio di difficile risoluzione. Parte della violenza interiore nasce dal fanatismo conseguente il fallimento di uniformare se stessi ad una regola inadatta al livello di coscienza dell'aspirante. L'uomo va liberato dallo stato di illusorietà, non certo imprigionato da norme che lo costringano a gratuite sofferenze. A questa liberazione occorre essere condotti; viene insegnato come giungere ad essere, non può venire semplicemente impartita una Regola come fosse la Verità.

La mancanza alla regola non porta conseguenze maggiori del senso di colpa conseguente; il danno avviene se, identificati con essa, si ritenesse di essere ove invece si avrebbe una presunzione di essere. Occorre impedire che l'upadesa (insegnamento) si trasformi in Regola; la disciplina è una struttura dì sostegno iniziale, non una gabbia in cui soccombere per inedia, frustrazione o sensi di colpa.

L'applicazione della più semplice delle norme, se non vissuta interiormente, comporterà conflitti di non facile risoluzione. Compito dell'istruttore è impedire che l'adepto trasformi la sadhana nell'idea che la sua mente costruisce della sadhana prescindendo dai suoi bisogni, in nome di un ideale di Regola.

Molti ritengono che basti uniformarsi alla Regola per accedere alla conoscenza, altri che necessiti l'emulazione verso i Maestri, ma l'essenza stessa dell'Asparsa vada è il procedere senza sostegno; qualora si necessiti di sostegni questi, per quanto momentanei, saranno forniti dagli istruttori.

Queste brevi note non vogliono portare ovviamente alla negazione di una disciplina, ma è necessario tener presente che ogni disciplina, tecnica, regola, rito, ecc. è solo un mezzo e non un fine. Spesso, invece, si scopre che alcuni aspiranti s'identificano esclusivamente col mezzo fino a un punto che bloccano la loro ascesi, la loro ispirazione e lo stesso Influsso che potrebbe discendere dai piani universali.

Shanti.


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